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Il Carnevale di Venezia secondo il sarto stilista Stefano Nicolao

Il suo periodo storico preferito è il Cinquecento, il Rinascimento, quando Venezia era la regina dei mari. Ma il turista, invece, preferisce il Settecento, i riccioli, i pizzi, l’immagine stereotipata di Casanova. Qualunque sia il periodo storico prescelto, a Venezia il Carnevale si accende quando campi e campielli si riempiono di abiti e costumi d’epoca e si viene catapultati in una città senza tempo.

Carnevale per Stefano Nicolao è gioia, è colori, è travestimento. È Venezia. “Aiuto le persone che lo desiderano a cambiare identità e a vivere per un periodo quello che è un sogno, il Carnevale” dice il sarto e stilista veneziano, adorato da più grandi attori cinematografici e teatrali per la comodità dei suoi abiti, ma anche da chi, semplicemente, per un giorno vuole diventare qualcun altro. E un abito ha questo potere: trasformare le persone.

Nel suo enorme atelier a Cannaregio, Nicolao di persone ne ha, appunto, trasformate tantissime, da semplici amanti del Carnevale ad attori e vip di tutto il mondo, che hanno indossato i suoi abiti, realizzati a mano con tessuti pregiati. Stanze e ancora stanze ricolme di costumi, 15mila per la precisione, e accessori, commissionati per le più importanti produzioni cinematografiche e lirico- teatrali, dal Lyric Opera di Chicago al Washington Opera D.C., dal New National Opera di New York al Nuova Opera Nazionale di Tokyo, dal Teatro di Osaka e di Nagoia al Teatro Nacional de Sao Carlos di Lisbona e poi i maggiori teatri italiani, dal nord al sud.

Abbiamo più di 15 mila costumi, molto spesso diventa anche imbarazzante la scelta per il cliente perché si riempie gli occhi e dice “Questo, questo e questo!”, e alla fine ne sceglierebbe 50 – sorride lo stilista  – in generale per il turista, e per chi viene da fuori, l’idea del Settecento è quella che gli dà più l’immagine – un po’ stereotipata se vogliamo – di Venezia, con il lustrino, il ricciolino, il pizzo, tutte queste cose un po’ più leggere; per cui il Casanova e tutto quello che gli viene dietro.

Per molti altri invece, e qui mi metto anche io, il periodo più bello in cui immergersi è il Cinquecento e tutto il Rinascimento, quando Venezia era la regina dei mari, era nel suo periodo di massimo splendore, tra artisti come Tintoretto e Tiziano, il commercio delle spezie, quando Venezia era il trionfo dei colori, dei profumi, era il fulcro di una civiltà, di un momento incredibile”.

E se la Serenissima nei suoi 1600 anni di vita è sempre stata capitale del glamour e anticipatrice di stili originali e innovativi, il Carnevale rappresenta il momento ideale per entrare in un’altra dimensione, anche semplicemente indossando un costume.

“Nell’Atelier a Venezia sono passati molti personaggi importanti: come Michele Placido, Michelle Hunziker, Liev Schreiber, Matilda De Angelis, Rupert Everett, ma avrei tanti altri nomi da citare – racconta – vengono qui come amici a vedere, a trovare, a curiosare, e poi magari li vestiamo e vanno a una festa a palazzo. Quella che è la caratteristica del Carnevale è proprio il poter vivere completamente, in un cerchio completo,  l’idea di indossare un abito, poter vivere almeno per una giornata questa trasformazione, potersi riciclare in un’altra vita e in un’altra persona: mettere l’abito e sentirsi cambiati, trasformati. Poi magari si conclude la giornata in una meravigliosa serata a palazzo, in una cena veneziana con i balli, vivendo questo momento così magico che credo non esista in nessun’altra città. Perché, per quanto si possa replicare una festa in maschera o una grande cena, farla a Venezia, dove si può arrivare sia a piedi che in gondola attraverso il Canal Grande, significa immergersi in un’atmosfera incredibile”.

Tutti amano il Carnevale di Venezia, dagli orientali agli europei, eppure tra di loro c’è un diverso atteggiamento verso quella che è la festa più popolare in laguna.

“Gli orientali arrivano estasiati e qualsiasi cosa gli riempie gli occhi, hanno una visione di miracolo, di estasi. Si vestono però rimangono più distaccati, così come è nella loro cultura – conclude Nicolao – Invece gli europei sono già più abituati a un certo tipo di ambientazione monumentale e quindi arrivano a Venezia con uno spirito più di esibizione. I francesi si scatenano e amano molto le feste, il fatto di mostrarsi, di esibirsi, di farsi vedere. Anche i tedeschi sono molto attivi ma la loro è un’altra visione ancora: molto più rigorosa, più severa. E poi gli spagnoli vengono e si divertono da impazzire perché già di carattere hanno questa gioia e apertura. La cosa bella è proprio che a Venezia ci si sente liberi e a Carnevale ancora di più, trasformati in un altro personaggio, vivendo la propria vita libera, perché è una città umana dove le persone si incontrano e si salutano come se fossero amici. Questa è la bellezza di Venezia: questa apertura, amore, e amicizia”.

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